La città in cui vivo è fatta di vecchi casolari e case rurali che pian piano stanno lasciando il posto a moderni cubi di cemento con grandi finestre.
Mentre il colore degli architravi in pietra va via via perdendosi e i tetti abbandonano falde e lucernai a favore di soluzioni più moderne, la vocazione agricola rimane molto evidente nello spazio tra le case, nei giardini pubblici e nelle aree verdi intorno alle strade principali.
Con grande tenacia sono ancora ben visibili le piante degli orti e dei vecchi frutteti, una pietra angolare qui, un gruppo di alberi là.
Da tempo il comune ha avviato una campagna di sensibilizzazione che sottolinea la storia del paese e lo spreco alimentare. Ecco perché, quando ti imbatti in un albero con un nastro giallo, sei libero di raccogliere i suoi frutti.
Noci, mele cotogne, ciliegie vicino alla fermata dell'autobus, accanto alla scuola elementare o sulla strada per la campagna. Vecchie varietà si riconoscono in spazi che conservano ancora tracce della pianta originaria. Filari ben ordinati, spazi aperti e frutti che maturano secondo un criterio di stagionalità ormai quasi perso.
È la stagione delle mele.